“Non mi sembra di rinunciare alla mia infanzia. Il golf è la mia infanzia”
Allan Kournikova
C’è una forte tendenza nella nostra società a vedere la partecipazione dei giovani allo sport soltanto nei suoi aspetti più positivi. I bambini sono incoraggiati a partecipare ai programmi sportivi perché si ritiene (correttamente) che essi promuovano valori fondamentali come il carattere, il lavoro di squadra, la determinazione e l’impegno.
Oltre a questo, i benefici oggettivi dell’attività fisica in età scolare sono numerosi e si estendono a molteplici ambiti, tra cui il rafforzamento delle difese immunitarie, lo sviluppo fisico, l’abbassamento del grado di rischio per le malattie cardio-vascolari, la riduzione dell’obesità giovanile.
Sono state inoltre dimostrate correlazioni positive tra la pratica sportiva giovanile e la riduzione di fattori di rischio (anche molto gravi) nell’età adulta, come rapporti sessuali non protetti, gravidanze indesiderate, depressioni, suicidi, fumo, uso di droghe e perfino diverse tipologie di tumori.
Insomma, i giovani che praticano sport hanno più probabilità di crescere sani, psicologicamente sereni e soddisfatti del loro percorso di vita, sia personale che professionale.
Ma quest’ampia panoramica degli effetti positivi dello sport può essere fuorviante se ci impedisce di vedere che esistono pericoli e problemi da non sottovalutare, in particolare legati a una crescente esasperazione dell’agonismo anche tra i più piccoli.
L’ossessione per la vittoria può infatti diventare fonte di un pesante stress psicologico per i giovani atleti, in grado di determinare, oltre all’abbandono precoce della pratica sportiva, anche effetti diametralmente opposti rispetto a quelli sopra descritti.
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