“Non ho mai dubitato delle mie capacità, perché ho lavorato tanto per costruirle. L’etica del lavoro cancella la paura: se metti impegno nel tuo lavoro, perché mai dovresti avere paura? Dovresti conoscere bene cosa sei in grado di fare e cosa no”.

Michael Jordan

Spesso siamo portati a pensare che le prestazioni di eccellenza siano collegate al possesso di abilità innate. Al talento, concetto che abbiamo affrontato qualche settimana fa in un altro articolo. Ma non è così: credere che il nostro destino sia determinato esclusivamente dai geni o dalle predisposizioni naturali non fa altro che condurre alla passività e alla rassegnazione.

Esistono milioni di individui che ritengono di essere destinati alla mediocrità o alla sconfitta da una forza superiore sulla quale credono di non avere alcun controllo. Queste persone affidano le poche speranze di successo soltanto ad un fantomatico colpo di fortuna, che però non arriva quasi mai. Purtroppo sono loro stessi a trasformare tali credenze in realtà, perché il subconscio creerà un circolo vizioso di negatività che le porterà ad attribuire al destino e alla cattiva sorte ogni risultato non in linea con le aspettative.

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“Nulla al mondo può prendere il posto della perseveranza. Non certo il talento, nulla è più comune di uomini di talento falliti.”

Calvin Coolidge. 

Pochissime persone possono essere veramente considerate dei campioni in quello che fanno. Ma come fanno? Perché non tutti siamo in grado di giocare a golf come Tiger Woods, nuotare come Michael Phelps o correre come Usain Bolt? Molti pensano che questi esseri semi-mitologici siano stati dotati da Dio (o dal caso, a seconda di ciò in cui uno crede) di un talento innato che gli permette di compiere imprese impossibili per i normali esseri umani. Per cui, che senso ha tentare di emularli se la vita non mi ha riservato la stessa fortuna?

E se questo invece fosse solo un mito? E se il talento fosse una qualità sopravvalutata, che ha molto meno a che fare con il successo rispetto alla perseveranza e al duro lavoro?

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“Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male.”

Eduardo De Filippo

Con il termine superstizione il vocabolario definisce un insieme di credenze o pratiche rituali dettate da ignoranza, di convinzioni sorpassate o di atteggiamenti irrazionali. Cicerone, nella sua opera De natura deorum (La natura degli dei), definiva superstiziosi coloro che pregavano insistentemente le divinità affinché i loro figli sopravvivessero, che fossero quindi superstiti (sani e salvi). Nel linguaggio comune, le superstizioni sono comportamenti insoliti, ripetitivi e rigidi che chi mette in pratica ritiene abbiano un effetto positivo (o negativo), mentre in realtà non esiste alcun nesso causale tra tali comportamenti e l’evento a cui vengono collegati
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“La via per imparare è lunga se si procede per regole, breve e efficace se si procede per esempi.”

Seneca

Lo psicologo canadese Albert Bandura è il padre della teoria dell’apprendimento sociale. Secondo tale teoria, l’apprendimento degli individui non passa esclusivamente attraverso l’esperienza diretta, ma anche attraverso stimolazioni indirette sviluppate dall’osservazione di altre persone. Bandura negli anni ’60 ha coniato il termine Modelling (modellamento), dimostrando che l’acquisizione delle informazioni provenienti dall’esterno può incidere sulla capacità di riprodurre lo stesso comportamento. Tale teoria é incentrata sul meccanismo di identificazione che lega il discepolo osservatore al modello osservato. 

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