Gli effetti positivi dell’adrenalina negli atleti (e come contrastare quelli negativi)

“L’adrenalina è una sensazione che non baratterei con nessun’altra al mondo.”

Pete Sampras

Chi fa sport, a qualsiasi livello, ha sperimentato almeno una volta la meravigliosa sensazione di sentire l’adrenalina pompare nelle vene. Una sensazione che per molti è una vera e propria droga, a cui è difficile rinunciare tanto è forte l’eccitazione che solo i momenti decisivi di una gara possono dare. L’afflusso di adrenalina nel sangue è quindi sempre un effetto positivo per un atleta? Dipende. La produzione di questo ormone da parte dell’organismo è concepita dalla natura come una tecnica di sopravvivenza, ma ha un lato oscuro.

Cominciamo dal principio: cosa succede esattamente al nostro organismo nei momenti di particolare stress emotivo? Accade che si genera quella che tecnicamente è chiamata “reazione di lotta-fuga” o FFR (Fight or Flight Response). Un rumore nel buio, l’urlo di un amico apparso all’improvviso alle nostre spalle, veder cadere il proprio figlio: sono esempi di situazioni stressogene che attivano questa reazione. Nello sport, questo accade quando ci affrontiamo una partita importante o un momento decisivo di una competizione. Di fronte ad uno stimolo emozionale connesso alla percezione di una possibile minaccia, sia fisica che psicologica, il nostro organismo produce istintivamente l’ormone dell’adrenalina, preparando il corpo all’azione immediata (lotta o fuga che sia).

L’adrenalina (o epinefrina) è un ormone sintetizzato nella ghiandole surrenali. Una volta che è stato rilasciato in circolo, questo ormone causa un istantaneo aumento degli zuccheri nel sangue, che servono a rendere immediatamente disponibili all’organismo riserve energetiche necessarie a compiere sforzi supplementari. Il ritmo del cuore accelera, generando un innalzamento del tono muscolare. Al cervello arriva una maggiore quantità di ossigeno, che migliora i riflessi. Le pupille si dilatano, per avere una visione più nitida. La sudorazione aumenta, permettendo al corpo di raffreddarsi meglio.

Non solo. Vi siete mai chiesti come mai subito prima di una gara importante spesso vi venga voglia di andare in bagno, anche se ci siete stati solo poco tempo prima? Si tratta di un’altra reazione spontanea del corpo, che cerca istintivamente di eliminare tutto il superfluo proprio perché l’adrenalina ha già iniziato ad entrare in circolo nell’organismo in prospettiva della sfida che sta per iniziare.

Tutti questi ‘dispositivi di difesa’ sono un’eredità primordiale sviluppata nel corso dell’evoluzione della nostra specie. Sono meccanismi simili a quelli degli animali, che quotidianamente combattono contro i predatori e i pericoli che minacciano le loro vite. Nella nostra vita di esseri umani di norma non siamo di fronte a simili pericoli, ma nella parte più profonda della mente esiste ancora questa una componente atavica che si attiva in caso di necessità.

Il risultato di tutti questi fenomeni è che l’animale, in questo caso l’uomo, viene naturalmente preparato a reagire alle situazioni di tensione emotiva. Nello sport, la scarica ormonale ha un effetto positivo sulle prestazioni. Se misurassimo i risultati sportivi di un atleta in gara sotto l’effetto dell’adrenalina, si otterrebbero risultati migliori rispetto a qualunque altra misurazione effettuata durante un semplice allenamento. Salti più alti, scatti più veloci, colpi più potenti. Una vera e propria scarica di inebriante energia positiva, che infatti spinge molte persone a ricercarla ossessivamente negli sport più estremi.

Purtroppo, se l’atleta non è in grado di controllare questo flusso ormonale possono verificarsi importanti effetti negativi. Il problema infatti è che se l’eccitazione emotiva prende il sopravvento senza che riusciamo a controllarla, la tensione diventa paura, la paura si tramuta in panico e la reazione fisiologica del corpo diventa disfunzionale. Troppa adrenalina provoca un eccessivo aumento della frequenza respiratoria, con il risultato di non riuscire a riempire bene i polmoni e conseguente scarsità di ossigeno al cervello. Un innalzamento esagerato del tono dei muscoli li rende in poco tempo contratti e pieni di acido lattico, facendogli perdere forza e resistenza. 

Gli effetti negativi generati dall’organismo in situazioni di pressione incidono in particolare sul cervello. Se i livelli di stress aumentano oltre un certo limite, l’amigdala assume il controllo della corteccia prefrontale (il centro gestionale del sistema neurale), bypassando le zone cerebrali normalmente deputate alla gestione dei pensieri complessi. In questo modo si perde la capacità di pensare con lucidità, di memorizzare le informazioni, di focalizzare l’attenzione e di reagire in modo efficace. La risposta agli stimoli esterni diventa interamente deputata all’istinto, con reazioni immediate non filtrate da un’elaborazione corretta da parte del cervello.

Questo si verifica ad esempio in situazioni di gravi emergenze come incendi, terremoti o simili, quando il panico prende il sopravvento e le persone fuggono terrorizzate senza direzioni precise o restano paralizzate incapaci di muoversi. Ma possono verificarsi anche in una semplice partita di un qualunque sport: se il nostro cervello va ‘in tilt’ possiamo sperimentare più o meno le stesse sensazioni anche se non ci troviamo in pericolo di vita. In entrambi i casi, nelle catastrofi o nello sport, chi riesce a rimanere lucido può fare la differenza. Da una parte nel salvare sé stesso e gli altri dal pericolo, dall’altra nel riuscire a fare la differenza nei momenti decisivi di una gara.

Esistono tecniche utili a “spegnere” un’eccessiva risposta emotiva dell’amigdala? Sì, esistono. Il modo più efficace è quello di mettersi in uno scenario simile il più spesso possibile. Questo metodo si chiama allenamento ed è una componente essenziale dell’esperienza emotiva. Ripetute esperienze di controllo di tali eccessi possono progressivamente migliorare la nostra risposta funzionale in situazioni di stress, come i finali di gara o i momenti di particolare tensione (es. un calcio di rigore).

Un altro strumento è il controllo della respirazione, che può essere rallentata per ricondurla a un ritmo più regolare. Per far questo è possibile utilizzare una tecnica definita respirazione tattica o respirazione quadratica. Il primo è un termine derivato dai Navy Seals, le forze speciali della marina statunitense, che utilizzano questa tecnica nei momenti precedenti l’inizio della missione. Il secondo deriva dallo yoga e si riferisce al fatto che questo tipo di respirazione prevede quattro fasi, inspirazione-pausa-espirazione-pausa, di uguale durata (circa 3-5 secondi ciascuna). Questo tipo di respirazione, da effettuare a livello del diaframma e non polmonare, riduce in breve tempo il ritmo cardiaco e può essere utilizzata ad esempio poco prima di tirare un rigore o durante un time-out di una gara.

L’ultima tecnica, che si può usare anche in combinazione a quella precedente, prevede la recitazione di un mantra, ossia la ripetizione di una parola o di una frase che ci permetta di liberare la mente. Il termine “mantra” è composto da man (mente) e tri (attraversare): quando la mente vaga vorticosamente, il mantra aiuta la riportarla sulla retta via. Un mantra può essere qualunque cosa: ad esempio, il cestista Dirk Nowitzki mentre tirava i liberi ripeteva mentalmente le strofe di una canzone tedesca degli anni ’80. Potete usare quello che volete, perché non è importante il significato della parola e della frase, bensì il ritmo e i suoni (anche solo ‘ascoltati’ nella mente) che la accompagnano.

“Non puoi fermare le onde, ma puoi imparare a padroneggiare il surf.”

Joseph Goldstein

La capacità o meno di sfruttare a nostro vantaggio le risposte naturali dell’organismo è quindi dipendente dal grado di controllo delle emozioni. Non è sufficiente sentire l’adrenalina che sale attraverso il corpo, è altrettanto importante controllare la risposta emotiva in modo tale da produrre i migliori risultati. Quando in gara vi troverete in situazioni di pressione, dovrete cercare di riconoscere quello che vi sta succedendo: se la reazione è positiva saprete di essere in grado di spingere ulteriormente sull’acceleratore, se invece vi sentite bloccare da sensazioni negative dovete cercare di concentrarvi per normalizzare la risposta del vostro organismo.

Più facile a dirsi che a farsi, ma capire quello che sta succedendo è già una cosa importante quando si cerca di controllare corpo e mente. L’atleta che è più in grado di dirigere correttamente le proprie energie è, di solito, l’atleta che sperimenta la vittoria. 

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