L’impatto dei discorsi motivazionali sulle performance degli sportivi

Siamo all’inferno adesso signori miei. Credetemi. E possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi, oppure aprirci la strada lottando verso la luce.

Dal film ‘Ogni Maledetta Domenica’

Esiste molta confusione riguardo all’origine della spinta motivazionale nello sport, in particolare sul fatto che essa debba provenire dall’esterno o dall’interno. Molti tendono ad attribuire la capacità di infondere motivazione a personaggi dotati di un particolare carisma e della capacità di fare discorsi memorabili, in grado di toccare l’anima degli atleti per farli rendere oltre le normali possibilità. 

Qui sotto potete trovare il video di quello che, con ogni probabilità, può essere considerato il più famoso discorso motivazionale preso da un film sportivo, ovvero quello di Al Pacino in Ogni Maledetta Domenica.

Bello vero? Anche a voi la visione del video ha fatto venire la pelle d’oca? A me sicuramente sì. È difficile negare che le parole di Al Pacino facciano scendere lungo la schiena una scarica di adrenalina.

C’è solo un problema: in oltre quindici anni di carriera nello sport professionistico potrei contare sulle dita di una mano le volte in cui ho assistito ad un discorso, se non di questo livello, quantomeno comparabile. Al contrario, i discorsi motivazionali nei film sportivi sono costruiti apposta per generare quel tipo di emozioni (tra i grandi discorsi cinematografici vi segnalo anche Denzel Washington in ‘Il sapore della vittoria’, Billy Bob Thornton in ‘Friday Night Lights’ e Kurt Russell in ‘Miracle’, in assoluto il mio film di sport preferito).

In ogni caso, la vera motivazione non è qualcosa che possa venire infusa per grazia divina o tramite le parole di personaggi carismatici, ma è qualcosa che può provenire solo da noi stessi. Il grande discorso di un coach particolarmente ispirato potrebbe dare ad una squadra la spinta per uscire dagli spogliatoi carica a mille ma, se i singoli atleti non fossero sostenuti da un’adeguata motivazione interna, tale spinta si esaurirebbe a metà del riscaldamento o alla prima difficoltà della gara. Le spinte interiori, quelle che derivano dal duro lavoro e dai sacrifici affrontati, durano invece molto più a lungo e possono davvero condurre al raggiungimento di traguardi importanti.

Non c’è bisogno di avere un allenatore che ci urla nelle orecchie per essere motivati a fare sport, anche nelle situazioni più difficili. I milioni di persone nel mondo che corrono o che vanno in bici anche quando piove, fa freddo o nevica, lo fanno perché amano l’esercizio fisico ma anche per mettersi alla prova nelle difficoltà, per cercare di testare e superare i propri limiti a prescindere dall’esistenza di una classifica finale. 

Spesso la loro motivazione è più forte rispetto a quella di atleti che fanno sport per lavoro: se non sono particolarmente motivati, anche molti professionisti cercano di rinunciare all’impegno quando si sentono stanchi, doloranti o se le condizioni non sono ottimali. Chi invece fa sport per soddisfare il proprio bisogno di autorealizzazione, si sentirà tanto più motivato a farlo quanto più il contesto è impegnativo, per mettersi davvero alla prova e sfidare il limite delle proprie possibilità.

In conclusione: il discorso di Al Pacino, così come gli altri citati sopra, è o non è un discorso motivazionale? Sì e no. Lo è all’interno del suo contesto, ossia quello di un bel film. Ma la verità è che, nella vita reale, i traguardi (non solo sportivi) non vengono raggiunti grazie alle parole di grandi guru della motivazione, bensì attraverso un lungo percorso di sacrifici, sudore e applicazione costante.

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